Descrizione
L’AQUILA – A L’Aquila la raccolta differenziata resta la più bassa tra i comuni capoluoghi abruzzesi, del 39%, dato che vale il 99° posto tra i capoluoghi italiani, ma dal 2010, ovvero dopo il terremoto, si è comunque registrato un forte incremento, del 110%, nonostante le oggettive difficoltà. Eccellono invece Teramo con il 72% e Chieti con il 70%, mentre Pescara resta al 47%.
Dato positivo è che in tutti e quattro i capoluoghi abruzzesi si registra una diminuzione dei rifiuti urbani pro capite prodotti ogni anni, e ad eccellere è ancora una vota Teramo, con 421 chili pro capite, seguita da ‘Aquila, con 496 chili, in diminuzione rispetto al 2010.
Superiore alla media la racconta differenziata della frazione umida, la più importante, sopra il 37% a Chieti, Pescara e Teramo, mentre L’Aquila arranca al 31%, sotto la media italiana e anche quella del Mezzogiorno.
Questi altri dati sono forniti dal Centro Studi dell’Agenzia per lo Sviluppo della Camera di Commercio del Gran Sasso d’Italia, il Cresa, che ha analizzato i dati Istat sulla produzione di rifiuti urbani nei capoluoghi di provincia italiani nel 2021 (ultimo anno disponibile) e stilato delle graduatorie evidenziando il posizionamento delle quattro città abruzzesi nel contesto dei comuni capoluogo italiani e l’andamento rispetto ai valori relativi al 2010.
Uno studio prezioso, che soprattutto per il capoluogo L’Aquila, indica gli obiettivi da centrare, alla luce del fatto che la raccolta differenziata nel capoluogo è resa difficoltosa dalla nascita di nuovi quartieri del progetto case dopo il sisma, e la particolare estensione del territorio. A complicare le cose ci si è messa pure l’incendio doloso che ha distrutto il capannone di circa 10mila metri dell’Asm, distruggendo 26 mezzi. Sullo sfondo la vicenda della discarica di Sulmona, dove L’Aquila, che non ha una sua discarica, conferisce i suoi rifiuti, ma ritenuti dal Cogesa, società peligna in forte crisi e indebitata, di non buona qualità, e sono recentemente scattati consistenti aumenti per il conferimento a tonnellata per i rifiuti.
La gestione dei rifiuti a L’Aquila e salita alla ribalta della dialettica politica nei giorni scorsi, con la dura nota dei consiglieri comunali di opposizione Enrico Verini e Gianni Padovani, che ricordano che a L’Aquila, “si paga per lo smaltimento dei rifiuti quasi il 20% in più della media italiana, addirittura il doppio di Udine e Fermo, l’80% in più pure di Isernia e Catanzaro. Soltanto pochi capoluoghi di regione, tutti collocati all’estremo Sud, riescono a fare peggio”, e che “a Teramo la tariffa TARI è del 30% inferiore”, rispetto a quella del capoluogo di regione.
LA PRODUZIONE DI RIFIUTI
Teramo, con 421 kg pro capite, registra la più bassa quantità di rifiuti urbani pro capite, Seguono L’Aquila (496 kg), Chieti (498 kg) e Pescara (551 kg).
I primi tre capoluoghi di provincia riportano valori più bassi di quelli del Mezzogiorno (523 kg pro capite), del Nord (527 kg) e Pescara anche del Centro (576 kg).
Nei 12 anni considerati la produzione di rifiuti per abitante è diminuita: le variazioni vanno dal -16% delle regioni centrali al -7% delle meridionali passando per il -13 % delle settentrionali.
In Abruzzo Teramo riporta il maggior calo (-21%, il 16° per importanza), Chieti e L’Aquila registrano flessioni a due cifre ma più lievi (rispettivamente -16% e -14%, 29° e 34°), Pescara mostra il minor decremento (-5%, 79°).
Rispetto al 2010 nel 2021 Teramo avanza dalla 34° posizione alla 7° della classifica dei comuni capoluogo italiani, L’Aquila dalla 57° alla 42°, Chieti dalla 66° alla 46° e solo Pescara arretra dal 56° al 75° posto.
Il calo delle quantità per abitante è legato alla diminuzione della produzione totale di rifiuti urbani: quest’ultima segna un -12% nella media dei capoluoghi di provincia italiani dato dal -12% del Nord, -14% del Centro e -11% del Mezzogiorno. In regione la flessione si attesta sul -24% a Teramo (7° comune per maggior calo), sul -22% a Chieti (17°), sul -17% all’Aquila (35°) e appena sul -6% a Pescara (81°).
LA RACCOLTA DIFFERENZIATA
Rispetto al 2010 deciso e generalizzato è l’aumento della raccolta differenziata in termini di quantità assoluta, di quota percentuale sui rifiuti totali e di quantità media per abitante.
La quantità totale di rifiuti urbani differenziati nei capoluoghi di provincia italiani sale dai 3,3 milioni di tonnellate del 2010 ai 5,1 milioni del 2021 (+56%).
Il maggior incremento si osserva nelle città del Mezzogiorno (+112%), il cui peso sul totale nazionale passa dal 16% al 21%. Anche quelli dell’Italia centrale fanno registrare un interessante aumento (66%) e la quota da loro prodotta aumenta di 2 punti percentuali (dal 27 al 29%).
Il Nord, partito molto in vantaggio nel 2010 (57% del totale), mette a segno un più modesto +36% inferiore alla variazione nazionale e scende a rappresentare nel 2021 la metà della quantità di differenziato prodotto in Italia.
Chieti, L’Aquila e Pescara riportano variazioni delle quantità di differenziato assai superiori alla media dei capoluoghi settentrionali e centrali: Chieti, con il +127% superiore anche alla variazione media dei capoluoghi dell’Italia meridionale, si colloca al 27° posto della graduatoria nazionale, L’Aquila (+110%) al 29° e Pescara (+84%) al 41°.
In regione solo il comune di Teramo riporta una flessione delle quantità di differenziato (-2%) e si posiziona in coda alla classifica (103° su 110).
La quota di raccolta differenziata sul totale dei rifiuti urbani è nella media dei capoluoghi di provincia italiani del 53%, in aumento di 23 p.p. rispetto al 2010 (Nord: 64%, + 22 p.p.; Centro 52%, + 25 p.p.; Mezzogiorno: 40%, + 23 p.p.).
Teramo (72%) e Chieti (70%) riportano le maggiori incidenze sia pur mostrando andamenti molto diversi negli ultimi anni: la prima registra un incremento della frazione di differenziato di solo 16 p.p. e passa dal 13° al 31° posto della classifica, la seconda, al contrario, con un incremento di 46 p.p., sale dalla 74° alla 41° posizione.
Più modesti i risultati dei comuni di Pescara e L’Aquila che arrivano a differenziare solo il 47% e il 39% dei rifiuti urbani con incrementi rispettivamente di 23 e 24 p.p. che li fanno scivolare dal 75° al 92° e dall’85° al 99° posto della graduatoria dei capoluoghi di provincia.